Internazionalizzazione. Andare sempre più lontano con le nostre imprese per poter "fare qualcosa di sinistra" nelle Marche
Le elezioni del 4 Marzo rischiano di lasciare il Paese in una fase di instabilità politica che potrebbe non giovare alla creazione di posti di lavoro nelle Marche e in Italia.
Questo fenomeno è già successo in passato e sarebbe auspicabile che non accadesse di nuovo, visto - appunto - che lo abbiamo già vissuto: il mancato sfruttamento della crescita economica sui mercati internazionali, un mancato posizionamento corretto dei nostri prodotti puntando sulle classi medie nel mondo, l'esitare a puntare sui margini invece che sui soli volumi. Ciò significa ancora e ancora notizie sulla perdita di posti di lavoro.
Esattamente tutto questo deve evitare un PD Marche in difficoltà con i propri elettori su un territorio tradizionalmente orientato al Centrosinistra, ma - questo non dobbiamo mai dimenticarlo - caratterizzato altrettanto da una forte presenza di piccole e medie imprese, anzi micro, ed uno spirito imprenditoriale diffuso.
Alla caduta del Muro di Berlino - e dopo gli anni Novanta - l'Italia è entrata in una crisi politica che ha messo fine alla prima Repubblica.
Sappiamo oggi del lungo travaglio che ci ha portato fino ai giorni nostri, che ai guai nostrani esistenti già prima della crisi si sono aggiunte le nuove sfide della globalizzazione, la crescita delle ineguaglianze, la perdita dei posti di lavoro nel settore manifatturiero, a favore di nuove zone di produzione specialmente verso l'Est europeo e verso l'Asia.
Ma è altrettanto vero che non abbiamo saputo sfruttare a dovere i nostri punti forti.
Dopo una drammatica sequenza storica, che non può più essere messa in dubbio, per la maggior parte degli osservatori è chiaro che a frenare alcune imprese marchigiane ed italiane siano ancora problemi che esistevano già prima della crisi. Quei problemi che non sono stati mai affrontati o irrisolti fino ad oggi. Alcuni sono imputabili alla sorte del momento, ma - purtroppo - numerosi sono anche quelli che derivano dal mancato sfruttamento, dalla mancata proiezione proattiva delle imprese stesse, nonché da un aiuto costante e duraturo da parte dello Stato al loro posizionamento sui mercati internazionali.
Se di prova ci fosse ancora bisogno, basta guardare ai numeri e ai risultati delle imprese che hanno invece cominciato il processo di internazionalizzazione dall'inizio degli anni Novanta. Non resta che costatare che la maggior parte di queste imprese non abbia mai - da allora - cessato di crescere, soprattutto e sorprendentemente anche durante il periodo della crisi iniziata nel 2008.
Purtroppo, ancora oggi, la storia sembra ripetersi. Inesorabilmente.
La crisi politica o la rivoluzione del cambiamento nella quale ora siamo entrati rischiano di portarci in un periodo di stallo.
Se nelle Marche non si fanno le scelte giuste, rischiamo di vederci condannati - ancora una volta - al totale fallimento per ciò che riguarda sostenere il lavoro a lungo termine.
Rischiamo di fallire nell'esportare un "Made in Marche" (e un Made in Italy) che il mondo aspetta disperatamente. Tutto questo, mentre stiamo litigando in casa ed ignorando il grido di aiuto delle imprese (e dei lavoratori espulsi dalle fabbriche), che chiedono solo di essere sollevate dalle difficoltà da affrontare per affacciarsi sui mercati internazionali.
Queste difficoltà derivano anche dal ritardo o dalla mancata digitalizzazione, ma - principalmente - dalla loro piccola dimensione che continua ad essere un limite che colpisce un numero enorme di aziende marchigiane ed italiane.
In questo contesto storico, il PD Marche non smette di insistere. Bisogna puntare tutto sulla rapida internazionalizzazione delle aziende marchigiane. In Cina si parla di circa 80 milioni di persone nella classe borghese e di 300 milioni nella classe media. Vogliamo ancora stare a guardare mentre altre nazioni ci passano avanti semplicemente perché hanno dei governi locali e nazionali più proattivi o delle imprese più grandi delle nostre?
Per fare un esempio, in un articolo di Marianna Tognini intitolato “Lavorare nella moda oggi? Come nel Medioevo, contano maestranza e conoscenza”- apparso sul sito internet di "Business Insider Italia" il 28 gennaio 2018 - viene indicato che "i dati del report annuale realizzato da The Business of Fashion e McKinsey & Company parlano chiaro: l‘industria della moda a livello mondiale continuerà a crescere anche nel 2018, con vendite previste in aumento del 3,5% e 4,5%, fino a 2.500 miliardi di dollari, allungando il passo rispetto al 2017, e salendo di oltre il triplo del valore registrato nel 2016.".
Le Marche non possono più stare ferme a guardare mentre il mondo corre.
Dopo la battaglia dei diritti vinta - che purtroppo non ci è stata riconosciuta nei risultati elettorali - dobbiamo muoverci, soprattutto se vogliamo "fare qualcosa di sinistra" come creare e salvare posti di lavoro.
L'internazionalizzazione è - e deve restare - una delle maggiori priorità strategiche verso le quali il PD Marche deve continuare a puntare. Anche perché potrebbe rappresentare il punto di partenza verso un nuovo modello di rinascimento industriale: modello che partendo dal cuore, anche geografico, dell’Italia manifatturiera come le Marche - cioè da una regione della manifattura nel Paese della manifattura, da una regione della micro-impresa nel Paese della piccola impresa che è secondo come potenza manifatturiera in Europa dopo la Germania - potrà essere lanciato e replicato non solo in Italia, ma in tutta Europa, per affrontare sfide presenti e future che interessano tutti a livello planetario.
Frida Paolella
Responsabile Europa, Internazionalizzazione
e Imprenditorialità PD Marche