Sono state tante donne e non solo, in piazza Roma ad Ancona, a manifestare perché si torni a dare piena applicazione alla legge 194, approvata in Parlamento nel 1978, e confermata dal risultato del referendum del 1981.
Ricordo il titolo della 194 : Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria di gravidanza. Quindi il tema allora come oggi resta la garanzia che lo Stato dovrebbe fornire al diritto alla procreazione cosciente e responsabile , riconoscendo il valore sociale della maternità .
C‘è il dato che l’interruzione volontaria di gravidanza non è mezzo per il controllo delle nascite. Anzi lo Stato, le Regioni e gli Enti locali, nell’ambito delle proprie funzioni e competenze, promuovono e sviluppano i servizi sociosanitari, nonché altre iniziative necessarie per evitare che l’aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite.
Sono i Consultori, per l’articolo 2 della legge, che hanno la funzione di accompagnare la donna nel suo percorso di gestione di una maternità consapevole.
Certo c’è il grande tema della autodeterminazione della donna alla quale spetta la scelta finale, come avviene nella quasi totalità del mondo occidentale.
Oggi si torna a mettere in discussione proprio questa autodeterminazione ,in tempi di covid, quando proprio sulle donne sta il carico maggiore dei nuovi gravi problemi in campo, donne prime a non avere lavoro e sicurezza economica o prime a vivere il peso del lavoro in smart working accompagnato dalla gestione dei figli piccoli contemporaneamente in casa.
Invece di attivare tutte le sinergie previste dalla 194, si torna a limitare il campo nelle Marche e non solo. L’utilizzo della RU 486 senza ricovero era infatti considerato dai ginecologi un passo avanti per la salute della donna , evitando ricoveri ospedalieri oggi ulteriormente complicati dal virus.
L’obiettivo è più grande di quello che potrebbe sembrare. Dall’ Umbria al Piemonte, dove governa al destra, invece di mettere risorse e personale per la migliore applicazione della 194 riattivando i consultori spesso ormai svuotati di personale e di mezzi, si restringono le possibilità dell’ultima scelta dolorosa, quella di una interruzione di gravidanza in sicurezza.
Un vento di destra inquietante , perfino delirante in qualche post su fb dove si può perfino leggere che si dovrebbe ripensare l’opportunità del diritto di voto alle donne . Un attacco che ha radici profonde e che sta dando frutto velenosi in Ungheria e Polonia.
Per questo ancora una volta eravamo in piazza sabato, forse con troppe bandiere perché il diritto delle donne si difende insieme veramente.
Forse con poco distanziamento, perché la voglia di ritrovarsi è forte quanto rischiosa per la salute.
E’ il quadro democratico che vogliamo difendere tutte e tutti insieme, anche con quelle persone di orientamento politico moderato che avranno certo a cuore i diritti lelle loro figlie e nipoti, così come fecero quelle italiane e quegli italiani che nel 1981 portarono al NO per l’abrogazione della 194 il 67,9% dei consensi.
Sono convinta che la prossima volta faremo meglio tutti insieme , perché la posta in gioco parte oggi dalla RU 486 ma è ben più alta.
Silvana Amati, Presidente Assemblea Regionale Pd