Si dice in genere che tre indizi fanno una prova. Ciò vale anche per la giunta Acquaroli e la maggioranza che la sostiene, che di indizi, in realtà, da oltre un anno a questa parte ne ha seminati ben più di tre, oscillando tra la difesa della razza e l’apologia del fascismo. Dalla ormai tristemente celebre partecipazione dell’attuale presidente alla cena di commemorazione della Marcia su Roma alla ostentata assenza della sua giunta alla commemorazione del Giorno della Memoria, dall’attacco ai diritti della donne agli sproloqui sulla sostituzione etnica del capogruppo di Fratelli d’Italia Carlo Ciccioli, dalla mortificazione della parità di genere nella composizione della giunta alle scioccanti affermazioni della leghista Anna Menghi sull’esaltazione delle politiche della natalità del fascismo. Un’escalation che ha sorpreso molti, compresa la grande stampa nazionale, regalando alle Marche una ribalta mediatica che francamente avremmo evitato volentieri.
Devo essere sincero, nonostante il brivido che scorre sulla pelle ogni volta che sentiamo tali aberrazioni, faccio fatica a ritenermi sorpreso, visto che per tutta la campagna elettorale ho avuto modo di confrontarmi con questi soggetti, di approfondire il sentiment ideologico che ispira la loro politica, di cogliere il nostalgico revanscismo che cova nella loro prassi quotidiana, di individuare, infine, il loro disprezzo per la democrazia camuffato dietro la retorica populista e sovranista.
In tutto questo, però, ai vari Acquaroli, Ciccioli, Menghi e a chi, come apprendo dai giornali, fa bella mostra di simboli neofascisti, devo riconoscere una grande coerenza che, come abbiamo visto in questo avvio di legislatura, si traduce in provvedimenti amministrativi conseguenti come il taglio dei contributi all’Istituto per la Storia del Movimento di Liberazione nelle Marche e all’Anpi, il rifiuto delle linee guida ministeriali per la somministrazione della pillola Ru486 nei consultori, il disprezzo per la funzione sociale ed educativa della scuola.
Fatti e temi, mi sento di far notare a chi si riconosce nelle formazioni politiche moderate, completamente estranei perfino ai valori liberali della destra europea, che anzi vengono brutalmente affogati in una cultura da strapaese elevata a difesa del particulare, dell’identità gretta ed egoista, della negazione di ogni diversità.
Credo che prima che sia troppo tardi, a questo ordine di cose, è necessario opporsi non solo nelle sedi istituzionali deputate, come sta facendo il gruppo assembleare del Partito Democratico in consiglio regionale, ma anche tornando a costruire nuove alleanze politiche e sociali, che recuperino e rilancino le idee e i valori costituzionali della migliore tradizione riformista del centrosinistra.
Mi sembra che la ben riuscita manifestazione di sabato a difesa della legge 194 possa rappresentare un inizio. Quella piazza, che pure ha evidenziato differenze anche significative, può rappresentare un momento imprescindibile per chi vuole provare a costruire una vera alternativa a questa destra-destra che rischia stravolgere quei fondamenti che storicamente hanno reso le Marche un modello di convivenza, benessere, coesione sociale e tutela dei diritti.
Ancona, 8 febbraio 2021
Maurizio Mangialardi
Capogruppo del Partito Democratico – Assemblea legislativa delle Marche