Alessandro Del Monte, componente della Segreteria del PD Marche e commissario politico del Circolo PD di Amandola, commenta l'inaugurazione del nuovo ospedale di Amandola.
L’inaugurazione dell’Ospedale di Amandola, che si terrà oggi 14 dicembre 2024, è certamente una buona notizia. Tanto più buona quanto più concreta. E qui, proprio su tale effettività, vengono già fuori le criticità, che non sono il PD o i sindacati a concepire, ma il semplice buon senso dettato da quanti sanno come stiano le cose nella nostra sanità regionale.
Cominciamo con ordine. Il nuovo Ospedale di Amandola venne deciso dalla precedente Giunta regionale sinergicamente con la Direzione sanitaria del tempo, a seguito dei danneggiamenti che la vecchia struttura subì col terremoto del 2016.
La nuova struttura edilizia, quindi fisicamente pronta, così viene descritta con enfasi dal vicepresidente Filippo Saltamartini (da comunicato stampa della Regione): “L'intervento su Amandola è straordinario: è un passaggio fondamentale da ospedale di comunità a un ospedale per acuti di base, con Pronto soccorso, reparto di Medicina con un primario e tutta una serie di servizi di avanzata tecnologia, tra cui TAC e risonanza magnetica”. All’Assessore ai lavori pubblici, Francesco Baldelli, invece, il comunicato stampa, nella summa all’ultimo rigo, attribuisce quest’altra altrettanto allegra affermazione,: “Siamo passati dai 18,8 milioni di euro del 2020, ai 33 stanziati dalla giunta Acquaroli; da 33 posti letto attrezzati per le acuzie agli 80 odierni. Ma soprattutto siamo passati dal punto di primo intervento previsto nel 2020 al Pronto Soccorso previsto dal nuovo piano sanitario della giunta Acquaroli. È questo il cambio di passo che avevamo garantito a questa regione.”
Già in queste frasi c’è tutto il campionario di illusorie promesse ed erronee affermazioni tipiche di questa Giunta.
- Non corrisponde a verità che Amandola passi da ospedale di comunità a ospedale per acuti di base: rimane quello che è sempre stato, anche per le precedenti Giunte, e che è anche l’unica cosa che può essere e cioè un ospedale di area disagiata con un numero limitato di posti letto per acuti (20) di medicina interna, attualmente traslocata nel noscocomio di Fermo, e una attività di chirurgia solo diurna con possibilità di pernottamento nei posti letto della medicina. Non è il PD a dirlo, ma la norma e cioè il Decreto Ministeriale 70 del 2015.
- Non corrisponde a verità che il precedente Piano Ceriscioli prevedesse per Amandola un Punto di Primo Intervento, ma prevedeva già un Pronto Soccorso con medici specialisti.
Magari per molti cittadini talune di queste espressioni tecniche possono suonare come lontane o secondarie rispetto alle alimentate speranze. Diciamo, quindi, che se davvero Amandola contro la norma diventasse ospedale per acuti di base, gli si dovrebbe dare anche un reparto di ortopedia e uno di chirurgia generale oltre alla copertura anestesiologica e un laboratorio analisi nelle 24 ore, etc etc, cose per cui, norme a parte, non ci sono le risorse né le condizioni possibili. Quanto al Pronto Soccorso il problema è trovare i medici, perché promettere è facile, alla destra viene benissimo, ma governare è fatto assai complesso. Con quasi tutti i 14 Pronto Soccorso delle Marche che vanno oramai avanti coi medici a gettone, la Giunta dice di volerne aprire altri sei, tre veri e altri tre fantasticati (i tre veri sono, o meglio dovrebbero essere, Amandola, Pergola e Cingoli, quelli fantasticati Fossombrone, Sassocorvaro e Cagli). Dicano gli Assessori ai cittadini dei sibillini e ai marchigiani tutti, considerato che sono autorevoli amministratori e non certamente degli strilloni, come faranno nel dettaglio a conseguire gli obiettivi che sciorinano, e sul piano delle norme e su quello economico-finanziario e delle risorse professionali ed umane nonché su quello organizzativo. Dove, ad esempio, troverebbero il personale specializzato visto che i posti alla Scuola di Specializzazione di Medicina d’Emergenza-Urgenza rimangono quasi tutti vacanti. Dove troverebbero, a parte annunciare bandi, medici, infermieri, OSS in numero congruo, previsto.
Ad Amandola si sta per ripetere il solito copione: in una sanità pubblica al collasso come quella delle Marche si continua a promettere ciò che è impossibile garantire. Un copione che si replica ovunque, da Pergola fino ad Ascoli Piceno.
Nel frattempo, oltre alle liste di attesa che aumentano e i Pronto Soccorso al collasso, abbiamo i tempi di attesa per la chirurgia generale, ed oncologica in particolare, che si allungano oltre ogni accettabilità, la mobilità sanitaria interna e soprattutto extra regionale in crescita con dei costi e disagi altrettanto ingenti, i servizi territoriali per i soggetti fragili ridotti al lumicino o addirittura “spenti”, come nel contesto della salute mentale a tutte le età. Un PNRR utilizzato soltanto in caotica ottica di edilizia sanitaria, anche per efficientare strutture non più funzionali ad una medicina in evoluzione. Si pensa qua e là tutt’al più all’involucro nosocomiale, come se bastasse, senza si conoscano poi le strategie e le pianificazioni e gli obiettivi affinché siano operativi ed efficienti. La medicina di prossimità, che avrebbe dovuto alleggerire la cultura impossibile della eterna ospedalizzazione, si pensi ai pazienti cronici, ai fragili appunto, agli anziani ed al sostegno anche socio-sanitario che un diverso modello ed approccio possibili dovrebbero corrispondere le attuali istanze sociali. L’informatizzazione della sanità, il fascicolo sanitario elettronico che segue il paziente ovunque sia nella propria storia clinica, la telemedicina, tutti ausili oramai imprescindibili e che supporterebbero il cittadino dalla prenotazione, alla diagnosi, alla terapia. Nulla o quasi. Investire ancor più sul soccorso e trasporto di emergenza-urgenza, 118 e Pubbliche assistenze e non lusingare, per mere finalità da campagna elettorale, che ancora si possano dar vita ad un proliferare di ospedali ed ospedaletti, quasi per ogni frazione, perché questo non è non sarà praticabile. Non lo è per le condizioni economico-finanziarie - le regioni impegnano per la sanità, al netto di razionalizzazioni di spesa o meno, già più dell’80% delle risorse - e non lo è quindi perché avere una miriade di piccoli ospedali che non possono poi garantire tutte le cure necessarie, significa fare la toppa peggiore del buco. La finalità deve essere un sistema integrato che giunga a tutti, che debba curare e garantire tutti. Un cambio di paradigma, una evoluzione. Altrimenti il processo involutivo di un modello vetusto restringerà sempre più la platea di quanti potranno accedervi o che potranno soltanto parzialmente e in discontinuità, sanità privata permettendo. Ma per fare questo occorre avere idee, esperienza, visione, lungimiranza, capacità di concertarsi, d’ascolto…saper governare.
E comunque, puntualizzazione necessaria, giacché la verità, al netto di rivendicazioni, ci aiuta sempre a comprendere il prima, il presente ed il futuro, fu la Giunta Ceriscioli e la Direzione sanitaria di allora, con la volontà del Partito democratico a tutti i livelli, con la tenacia dell’allora assessore regionale al bilancio, Cesetti, a mettere in cantiere, in buona parte finanziare e a dare il via al grosso circa le uniche due macro realizzazioni nella provincia di Fermo: il nuovo nosocomio sito in zona Campiglione - la provincia di Fermo è l’unica ad avere un solo nosocomio - , finanziato completamente con risorse pubbliche, ed ora la nuova struttura di Amandola - l’unico presidio nella Comunità montana ed entroterra del fermani - , con finanziamento misto pubblico-privato. Due su due dal centrosinistra, poiché per il resto in quattro anni di Giunta regionale di destra, oltre passerelle, tagli di nastri, incontri pubblici rari e sorvegliatissimi, consigli comunali strappati sul tema e finiti, non senza sfrontatezza, in niente, per la nostra comunità fermana, e regionale in genere, pressoché nulla è stato realizzato. La Giunta Acquaroli si è trovata, diciamo inevitabilmente, a proseguire nella restante erogazioni di fondi al fine di concludere e fregiarsi dell’ultimo miglio in una sfida corsa da altri, immaginarsi se avessero potuto lasciare interrotte tre quarti di progettazioni, cantierizzazioni, attese vive e necessarie.
Invece i cittadini hanno provato, questo purtroppo si, un tangibile peggioramento della Sanità regionale, con anche l’ambito socio-sanitario di cui occorrerebbe parlare poiché di fatto definanziato, aggravati, come più volte analizzato e detto, da una pessima riforma sanitaria e da un pessimo piano socio-sanitario a seguire. Un “si salvi chi può” in asfittico autonomismo , senza alcuna organica ri-programmazione finanziaria, nessuno studio particolareggiato, alcuna concreta pianificazione delle reali istanze territoriali. In sostanza, un arrangiatevi a livello locale e competete – il fermano più piccolo a queste condizioni non può farcela – e senza aver neppure prima quantomeno riequilibrato le disparità di budget pro-capite per ciascun cittadino marchigiano sul territorio regionale.
Non ci piace fare la pubblicità negativa della nostra sanità pubblica - per noi, si, pubblica ed universalistica - ma il rito delle promesse sparate e delle cure di fatto negate deve finire. Per ognuna delle affermazioni fatte v’è comunque ampia e ufficiale documentazione e soprattutto c’è l’esperienza quotidiana dei cittadini. Ciò nonostante il precipite soccorso di qualche rappresentante della destra, probabilmente in cerca di consenso con presunte paternità, ci rassicura dei grandi successi. Diciamo che sebbene non corretto, ci sta. Ma non tiriamo in ballo i professionisti della sanità, che lavorano al massimo ed oltre il massimo non grazie alle politiche della destra, ma di più e sempre con grande abnegazione, sebbene in condizioni di maggior sofferenza, nonostante le politiche della destra. Rispettiamoli davvero e mettiamoli nelle condizioni, questo la politica deve fare, di operare al meglio per il paziente, per il cittadino e tutelando il loro status di lavoratori.
La destra invece pratica, tanto a livello nazionale quanto regionale e locale, veri e propri tentativi di esorcismo narrativo, ovvero convincere con la martellante persuasione della propaganda che i disagi inaspritisi delle persone, le difficoltà crescenti vissute sulla pelle delle comunità, specialmente di quanti la sanità ed i servizi in genere non possono pagarseli, non siano reali ma il frutto di pessimistiche suggestioni o della orchestrata combutta di forze politiche d’opposizione, sociali, associative e di rappresentanza. La verità prima o poi ci raggiunge sempre.
E allora, cosa proponiamo noi sulla sanità oltre tutto quanto in decine di analisi, iniziative, programmazioni, elaborazioni, comunicati abbiamo espresso e continueremo in tal senso a lottare? Anzitutto di fare le persone serie, di optare per percorsi credibili ed assumersi quantomeno le responsabilità delle scelte o non scelte fatte. Che nel caso di Amandola vuol dire renderlo un ospedale di area disagiata attrezzato al meglio possibile e non basato su promesse impossibili, le stesse che ad ogni taglio di nastro o posa di prima pietra questa sciagurata giunta fa. Noi per le prossime elezioni regionali e locali siamo credibilmente pronti.
L’inaugurazione dell’Ospedale di Amandola, che si terrà oggi 14 dicembre 2024, è certamente una buona notizia. Tanto più buona quanto più concreta. E qui, proprio su tale effettività, vengono già fuori le criticità, che non sono il PD o i sindacati a concepire, ma il semplice buon senso dettato da quanti sanno come stiano le cose nella nostra sanità regionale.
Cominciamo con ordine. Il nuovo Ospedale di Amandola venne deciso dalla precedente Giunta regionale sinergicamente con la Direzione sanitaria del tempo, a seguito dei danneggiamenti che la vecchia struttura subì col terremoto del 2016.
La nuova struttura edilizia, quindi fisicamente pronta, così viene descritta con enfasi dal vicepresidente Filippo Saltamartini (da comunicato stampa della Regione): “L'intervento su Amandola è straordinario: è un passaggio fondamentale da ospedale di comunità a un ospedale per acuti di base, con Pronto soccorso, reparto di Medicina con un primario e tutta una serie di servizi di avanzata tecnologia, tra cui TAC e risonanza magnetica”. All’Assessore ai lavori pubblici, Francesco Baldelli, invece, il comunicato stampa, nella summa all’ultimo rigo, attribuisce quest’altra altrettanto allegra affermazione,: “Siamo passati dai 18,8 milioni di euro del 2020, ai 33 stanziati dalla giunta Acquaroli; da 33 posti letto attrezzati per le acuzie agli 80 odierni. Ma soprattutto siamo passati dal punto di primo intervento previsto nel 2020 al Pronto Soccorso previsto dal nuovo piano sanitario della giunta Acquaroli. È questo il cambio di passo che avevamo garantito a questa regione.”
Già in queste frasi c’è tutto il campionario di illusorie promesse ed erronee affermazioni tipiche di questa Giunta.
- Non corrisponde a verità che Amandola passi da ospedale di comunità a ospedale per acuti di base: rimane quello che è sempre stato, anche per le precedenti Giunte, e che è anche l’unica cosa che può essere e cioè un ospedale di area disagiata con un numero limitato di posti letto per acuti (20) di medicina interna, attualmente traslocata nel noscocomio di Fermo, e una attività di chirurgia solo diurna con possibilità di pernottamento nei posti letto della medicina. Non è il PD a dirlo, ma la norma e cioè il Decreto Ministeriale 70 del 2015.
- Non corrisponde a verità che il precedente Piano Ceriscioli prevedesse per Amandola un Punto di Primo Intervento, ma prevedeva già un Pronto Soccorso con medici specialisti.
Magari per molti cittadini talune di queste espressioni tecniche possono suonare come lontane o secondarie rispetto alle alimentate speranze. Diciamo, quindi, che se davvero Amandola contro la norma diventasse ospedale per acuti di base, gli si dovrebbe dare anche un reparto di ortopedia e uno di chirurgia generale oltre alla copertura anestesiologica e un laboratorio analisi nelle 24 ore, etc etc, cose per cui, norme a parte, non ci sono le risorse né le condizioni possibili. Quanto al Pronto Soccorso il problema è trovare i medici, perché promettere è facile, alla destra viene benissimo, ma governare è fatto assai complesso. Con quasi tutti i 14 Pronto Soccorso delle Marche che vanno oramai avanti coi medici a gettone, la Giunta dice di volerne aprire altri sei, tre veri e altri tre fantasticati (i tre veri sono, o meglio dovrebbero essere, Amandola, Pergola e Cingoli, quelli fantasticati Fossombrone, Sassocorvaro e Cagli). Dicano gli Assessori ai cittadini dei sibillini e ai marchigiani tutti, considerato che sono autorevoli amministratori e non certamente degli strilloni, come faranno nel dettaglio a conseguire gli obiettivi che sciorinano, e sul piano delle norme e su quello economico-finanziario e delle risorse professionali ed umane nonché su quello organizzativo. Dove, ad esempio, troverebbero il personale specializzato visto che i posti alla Scuola di Specializzazione di Medicina d’Emergenza-Urgenza rimangono quasi tutti vacanti. Dove troverebbero, a parte annunciare bandi, medici, infermieri, OSS in numero congruo, previsto.
Ad Amandola si sta per ripetere il solito copione: in una sanità pubblica al collasso come quella delle Marche si continua a promettere ciò che è impossibile garantire. Un copione che si replica ovunque, da Pergola fino ad Ascoli Piceno.
Nel frattempo, oltre alle liste di attesa che aumentano e i Pronto Soccorso al collasso, abbiamo i tempi di attesa per la chirurgia generale, ed oncologica in particolare, che si allungano oltre ogni accettabilità, la mobilità sanitaria interna e soprattutto extra regionale in crescita con dei costi e disagi altrettanto ingenti, i servizi territoriali per i soggetti fragili ridotti al lumicino o addirittura “spenti”, come nel contesto della salute mentale a tutte le età. Un PNRR utilizzato soltanto in caotica ottica di edilizia sanitaria, anche per efficientare strutture non più funzionali ad una medicina in evoluzione. Si pensa qua e là tutt’al più all’involucro nosocomiale, come se bastasse, senza si conoscano poi le strategie e le pianificazioni e gli obiettivi affinché siano operativi ed efficienti. La medicina di prossimità, che avrebbe dovuto alleggerire la cultura impossibile della eterna ospedalizzazione, si pensi ai pazienti cronici, ai fragili appunto, agli anziani ed al sostegno anche socio-sanitario che un diverso modello ed approccio possibili dovrebbero corrispondere le attuali istanze sociali. L’informatizzazione della sanità, il fascicolo sanitario elettronico che segue il paziente ovunque sia nella propria storia clinica, la telemedicina, tutti ausili oramai imprescindibili e che supporterebbero il cittadino dalla prenotazione, alla diagnosi, alla terapia. Nulla o quasi. Investire ancor più sul soccorso e trasporto di emergenza-urgenza, 118 e Pubbliche assistenze e non lusingare, per mere finalità da campagna elettorale, che ancora si possano dar vita ad un proliferare di ospedali ed ospedaletti, quasi per ogni frazione, perché questo non è non sarà praticabile. Non lo è per le condizioni economico-finanziarie - le regioni impegnano per la sanità, al netto di razionalizzazioni di spesa o meno, già più dell’80% delle risorse - e non lo è quindi perché avere una miriade di piccoli ospedali che non possono poi garantire tutte le cure necessarie, significa fare la toppa peggiore del buco. La finalità deve essere un sistema integrato che giunga a tutti, che debba curare e garantire tutti. Un cambio di paradigma, una evoluzione. Altrimenti il processo involutivo di un modello vetusto restringerà sempre più la platea di quanti potranno accedervi o che potranno soltanto parzialmente e in discontinuità, sanità privata permettendo. Ma per fare questo occorre avere idee, esperienza, visione, lungimiranza, capacità di concertarsi, d’ascolto…saper governare.
E comunque, puntualizzazione necessaria, giacché la verità, al netto di rivendicazioni, ci aiuta sempre a comprendere il prima, il presente ed il futuro, fu la Giunta Ceriscioli e la Direzione sanitaria di allora, con la volontà del Partito democratico a tutti i livelli, con la tenacia dell’allora assessore regionale al bilancio, Cesetti, a mettere in cantiere, in buona parte finanziare e a dare il via al grosso circa le uniche due macro realizzazioni nella provincia di Fermo: il nuovo nosocomio sito in zona Campiglione - la provincia di Fermo è l’unica ad avere un solo nosocomio - , finanziato completamente con risorse pubbliche, ed ora la nuova struttura di Amandola - l’unico presidio nella Comunità montana ed entroterra del fermani - , con finanziamento misto pubblico-privato. Due su due dal centrosinistra, poiché per il resto in quattro anni di Giunta regionale di destra, oltre passerelle, tagli di nastri, incontri pubblici rari e sorvegliatissimi, consigli comunali strappati sul tema e finiti, non senza sfrontatezza, in niente, per la nostra comunità fermana, e regionale in genere, pressoché nulla è stato realizzato. La Giunta Acquaroli si è trovata, diciamo inevitabilmente, a proseguire nella restante erogazioni di fondi al fine di concludere e fregiarsi dell’ultimo miglio in una sfida corsa da altri, immaginarsi se avessero potuto lasciare interrotte tre quarti di progettazioni, cantierizzazioni, attese vive e necessarie.
Invece i cittadini hanno provato, questo purtroppo si, un tangibile peggioramento della Sanità regionale, con anche l’ambito socio-sanitario di cui occorrerebbe parlare poiché di fatto definanziato, aggravati, come più volte analizzato e detto, da una pessima riforma sanitaria e da un pessimo piano socio-sanitario a seguire. Un “si salvi chi può” in asfittico autonomismo , senza alcuna organica ri-programmazione finanziaria, nessuno studio particolareggiato, alcuna concreta pianificazione delle reali istanze territoriali. In sostanza, un arrangiatevi a livello locale e competete – il fermano più piccolo a queste condizioni non può farcela – e senza aver neppure prima quantomeno riequilibrato le disparità di budget pro-capite per ciascun cittadino marchigiano sul territorio regionale.
Non ci piace fare la pubblicità negativa della nostra sanità pubblica - per noi, si, pubblica ed universalistica - ma il rito delle promesse sparate e delle cure di fatto negate deve finire. Per ognuna delle affermazioni fatte v’è comunque ampia e ufficiale documentazione e soprattutto c’è l’esperienza quotidiana dei cittadini. Ciò nonostante il precipite soccorso di qualche rappresentante della destra, probabilmente in cerca di consenso con presunte paternità, ci rassicura dei grandi successi. Diciamo che sebbene non corretto, ci sta. Ma non tiriamo in ballo i professionisti della sanità, che lavorano al massimo ed oltre il massimo non grazie alle politiche della destra, ma di più e sempre con grande abnegazione, sebbene in condizioni di maggior sofferenza, nonostante le politiche della destra. Rispettiamoli davvero e mettiamoli nelle condizioni, questo la politica deve fare, di operare al meglio per il paziente, per il cittadino e tutelando il loro status di lavoratori.
La destra invece pratica, tanto a livello nazionale quanto regionale e locale, veri e propri tentativi di esorcismo narrativo, ovvero convincere con la martellante persuasione della propaganda che i disagi inaspritisi delle persone, le difficoltà crescenti vissute sulla pelle delle comunità, specialmente di quanti la sanità ed i servizi in genere non possono pagarseli, non siano reali ma il frutto di pessimistiche suggestioni o della orchestrata combutta di forze politiche d’opposizione, sociali, associative e di rappresentanza. La verità prima o poi ci raggiunge sempre.
E allora, cosa proponiamo noi sulla sanità oltre tutto quanto in decine di analisi, iniziative, programmazioni, elaborazioni, comunicati abbiamo espresso e continueremo in tal senso a lottare? Anzitutto di fare le persone serie, di optare per percorsi credibili ed assumersi quantomeno le responsabilità delle scelte o non scelte fatte. Che nel caso di Amandola vuol dire renderlo un ospedale di area disagiata attrezzato al meglio possibile e non basato su promesse impossibili, le stesse che ad ogni taglio di nastro o posa di prima pietra questa sciagurata giunta fa. Noi per le prossime elezioni regionali e locali siamo credibilmente pronti.