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Il cammino verso l'istituzione della Conferenza delle Donne Democratiche

DONNE DEMOCRATICHE 2024

Piattaforma Programmatica

di LUISA CECARINI


Cambiamo passo #marche2024 #avantitutte

La Conferenza delle donne democratiche è un organismo autonomo previsto dallo statuto del Partito Democratico all’art. 31. Per le travagliate vicende del PD marchigiano purtroppo non è stato possibile istituire prima una Conferenza donne dem nella Regione.

Il 9 marzo 2024 è stata eletta una nuova Portavoce Nazionale, Roberta Mori, e si è rinnovato il coordinamento nazionale, con 5 delegate provenienti dalle Marche. In questa nuova fase tante sono state le nuove iscritte alla Conferenza, di cui per il 40% si tratta di non iscritte al partito, un segnale che fa intuire quanto sia sentito all’esterno il bisogno di uno spazio autonomo di elaborazione politica dedicato alle donne. Anche nelle Marche in poche settimane si sono registrate quasi 250 nuove iscrizioni e si è riattivata una rete di donne che stanno lavorando per sviluppare proposte, organizzare iniziative, allargare la base delle iscritte.

Con l’Istituzione della Conferenza nelle Marche si dà avvio a un percorso tanto atteso e troppo a lungo rimandato. Una volta costituita l’Assemblea inizieranno i lavori per la redazione di un manifesto, con le priorità e le linee programmatiche. Oltre a questa parte di elaborazione politica la Conferenza avrà il compito di radicarsi nel territorio e costituire quel punto di riferimento per l’elaborazione politica e la formazione di cui tanto sentiamo il bisogno.

Il femminismo non è una moda, ma una scelta politica di cambiamento radicale della società.
Carla Lonzi


Ma che cos’è e a cosa serve la Conferenza delle donne dem?

Questa è una domanda che ricorre spesso. La Conferenza delle donne dem è uno spazio autonomo, plurale e intergenerazionale dedicato all’empowerment femminile, alla formulazione di politiche di genere, alla formazione e all’azione politica. Questo spazio è nato con l’obiettivo di far sentire le donne meno sole all'interno del partito, inclusi coloro che ricoprono ruoli dirigenziali e istituzionali.

Tuttavia, qualcosa non ha funzionato come previsto. La recente esperienza delle candidature alle elezioni politiche, con pochissime donne elette in Parlamento, ha lasciato una ferita ancora aperta. Purtroppo, lo stesso schema si è ripetuto anche nelle elezioni regionali in Sardegna, Abruzzo e Basilicata.

Nonostante l’elezione di Elly Schlein, prima segretaria donna e femminista del Partito Democratico, le donne faticano ancora a trovare un posto nel Partito e ad essere valorizzate negli organismi. Ma viviamo anche una situazione storica molto particolare in cui abbiamo assistito anche alla elezione della prima donna Presidente del Consiglio della storia della Repubblica. A questo storico traguardo non sono corrisposte però politiche di genere attente ai bisogni delle donne, a politiche che favoriscano la conciliazione dei tempi di vita e lavoro o che mettano mano ai divari salariali, al mancato accesso alle cariche apicali, alle disparità che caratterizzano il mercato del lavoro italiano.

Non abbiamo neanche assistito a un rinnovato slancio nella lotta alla piaga della violenza di genere e dei femminicidi, nonostante l’incredibile mobilitazione transgenerazionale che ha suscitato l’uccisione di Giulia Cecchettin. Sono proprio le Piazze 25 novembre che ci chiamano all’azione con più impegno e determinazione che in passato. La destra ha un disegno chiaro di società e in questo quadro le donne hanno un ruolo marginale, di cura, ricacciate dentro le quattro mura del focolare domestico.

Ecco che alla domanda iniziale possiamo dare questa risposta: la Conferenza è uno spazio per sentirci meno sole, per rafforzarci nella condivisione di idee e progetti, nell’elaborazione politica. È lo spazio dove, pur nelle differenze, riusciamo a fare sintesi e a fare proposte e ad agire insieme. Per tanto tempo e per tanti motivi siamo state rinchiuse in noi stesse, abbiamo preferito le piazze virtuali a quelle fisiche e oggi ci vogliamo riappropriare delle battaglie che ci stanno a cuore e rivendicare con forza i nostri diritti, perché indietro non si torna.

I diritti delle donne sono diritti umani. Una volta acquisiti non si torna indietro.
Nilde Iotti


La situazione internazionale

I conflitti che infiammano il mondo e ci toccano da vicino destano sempre più preoccupazione. Con lo scoppio della guerra in Ucraina abbiamo rivissuto lo spettro della guerra nel cuore dell’Europa. L’aumento vertiginoso delle spese militari nel mondo, che nel 2023 hanno toccato un +6,8%, il dato più alto dal 2009 (fonte: report dello Stockholm International Peace Research Institute, SIPRI), l’escalation di toni e minacce, la paura per un incidente nucleare sono diventate preoccupazioni costanti per i cittadini e le cittadine europee. A questo quadro si è aggiunto il grave e barbaro attacco di Hamas il 7 ottobre 2023 a cui è seguita una repressione senza precedenti, per brutalità e costi in vite umane, del governo israeliano contro la popolazione della Striscia di Gaza.

Non possiamo dimenticare che le guerre si combattono sempre sul corpo delle donne, è sui nostri corpi che si compiono atrocità e ritorsioni. Ma ci sono anche stati non in guerra con altri ma permanentemente in lotta contro le donne: e allora dobbiamo essere con forza al fianco delle nostre sorelle in Afghanistan, in Iran e ovunque nel mondo, dove si stanno opponendo ad un potere maschile che le opprime e nega loro i più elementari diritti.

In questo contesto il nostro impegno come donne democratiche è di dare nuova voce alla pace, alla diplomazia, perché si torni a lavorare per riportare al centro il dialogo e si fermi l’escalation militare. Le pratiche e le elaborazioni per la ricerca di una soluzione non violenta ai conflitti hanno costituito già oggetto di riflessione e di azione per il femminismo italiano tra gli anni ’80 e ’90. Le femministe italiane, in dialogo con donne israeliane e palestinesi hanno affrontato la questione del conflitto, del disarmo, del trovare alternative alla violenza e alla guerra senza retorica. È una storia lunga, contraddittoria ma che dobbiamo riprendere, per misurarci con il mondo a partire dall’esperienza specifica di una differente appartenenza di sesso. Recuperare questa storia e questa tradizione significa anche riportarla in Europa, fuori e dentro le istituzioni. Per questo dobbiamo contribuire a promuovere la Conferenza internazionale delle donne per la pace nel mondo, per far sentire forte una voce diversa che ridia linfa alle ragioni della diplomazia.


Quali sono allora le principali sfide che la Conferenza delle donne dem delle Marche deve affrontare?

Una questione di metodo

In questi anni abbiamo sentito come un mantra le frasi “Dobbiamo ascoltare la base”, “Dobbiamo ripartire dai territori”, peccato che poi spesso non si sono tradotte in un vero ascolto e ripartenza. La crisi delle iscrizioni prima e dei risultati elettorali poi lo ha di fatto certificato. Ma viviamo in un’epoca di sfide, in un mondo che cambia velocemente e non possiamo abbandonarci allo sconforto, ma ripartire dai nostri errori e andare avanti. Lo slogan della rinnovata Conferenza nazionale delle donne è “avanti insieme, protagoniste del cambiamento”, dobbiamo quindi andare avanti ed elaborare una politica femminista che cambi in primis il nostro partito per poter cambiare la politica del Paese ed essere veramente agenti del cambiamento.

Dobbiamo incontrare le donne, partendo da quante hanno deciso di iscriversi alla piattaforma e dare fiducia a questo strumento, perché rimanga accesa una luce di speranza in uno spazio politico femminista, promosso dal maggior partito del centro sinistra in Italia. Teniamolo presente e da qui partiamo per allargare questa base e per andare a intercettare quella grandissima fetta di popolazione che non va più a votare, e che sappiamo essere per la maggioranza composta da donne.

Lo dobbiamo fare mettendoci in ascolto, organizzando incontri ma anche partecipando ad incontri organizzati da altri/e, re-impariamo a metterci in relazione, non solo virtuale, con agenti di pensiero, contaminiamo le nostre idee, discutiamo, elaboriamo e facciamo sintesi. Troppo spesso siamo rimaste chiuse, nei circoli e nelle chat, oggi è il tempo di cambiare passo, non dobbiamo avere paura del confronto e della relazione, solo con l’unione e il confronto tra di noi possiamo sperare di contare qualcosa e di agire il cambiamento che vogliamo. Le piazze del 25 novembre ci hanno ridato speranza, pur nella rabbia e nell’indignazione, sono state un segnale fortissimo che c’è tanto bisogno di femminismo e che le donne sono pronte a mobilitarsi. A noi il compito di accettare la sfida di un rinnovato protagonismo femminile, cogliere il grido di libertà e autodeterminazione delle giovani donne che sono scese in piazza e tradurlo in azioni politiche.

Dobbiamo partire dal rifiuto della violenza maschile, di un sistema patriarcale che non riconosce pari diritti e dignità alle donne, e delle ingiustizie a cui assistiamo quotidianamente. Sono i numeri a fornirci la prospettiva del fenomeno e della responsabilità che abbiamo per far sì che le cose cambino.


La violenza contro le donne

Nel 2022, in Italia, sono state uccise 126 donne, di cui 106 casi classificati come femminicidi. Nelle Marche, nell’ultimo anno giudiziario (dal primo luglio 2022 al 30 giugno 2023), i casi di femminicidio sono aumentati da tre a sette. Preoccupanti sono anche i procedimenti per stalking, passati da 461 a 478 episodi. Guardando ai dati delle procure dell’anconetano, si registra un aumento dei casi di maltrattamento (da 351 a 379) e di stalking (da 107 a 125), oltre ai 63 procedimenti per violenza sessuale. Per il reato di violenza di genere, sono state emesse diverse misure cautelari: 57 ad Ancona, 33 ad Ascoli Piceno e Urbino, 57 a Fermo, 31 a Macerata e 71 a Pesaro.

Tra i minori, la Procura competente ha aperto 16 procedimenti penali per violenza sessuale (alcuni anche di gruppo) e altri 20 per pedofilia e pedopornografia, sempre a carico di minorenni nei confronti di altri minorenni.

A questi numeri dobbiamo anche affiancare quelli provenienti dai Centri anti violenza che in generale, sempre da dati Istat, ci dicono che nel 2022 le donne che hanno contattato almeno una volta i Centri antiviolenza sono state 60.751, in aumento del 7,8% rispetto al 2021 e del 39,8% rispetto al 2017. Si tratta a livello nazionale di una media di 174 donne per CAV, una ogni due giorni. Sono poco più di 26mila le donne che nel 2022 stanno affrontando il loro percorso di uscita dalla violenza con l’aiuto dei CAV.

Purtroppo sappiamo tutti che servirebbero più risorse proprio per i CAV, per aumentare i servizi erogati e integrare il personale volontario con personale stipendiato e qualificato. Ma cosa chiedono le donne che si rivolgono ai CAV? Vogliono essere ascoltate, accolte, ma, accanto a queste prime richieste, per uscire dalla spirale di violenza chiedono anche di essere aiutate a trovare una casa e un impiego.

Ecco che l’altro tema portante del nostro agire deve essere il lavoro.


Il lavoro

Anche qui dobbiamo partire dai dati che sono impietosi: il Dossier sull’occupazione femminile del Servizio Studi della Camera dei deputati ci dice che le donne sono meno pagate, più precarie e meno impiegate nel mercato del lavoro rispetto agli uomini. Una donna su 5 esce dal mercato del lavoro dopo la maternità e questa scelta è determinata nel 52% dei casi da esigenze di conciliazione dei tempi di vita e lavoro, nel 19% da una valutazione di carattere economico costo-opportunità.

Anche i dati Eurostat ci danno la misura di qual è il problema in Italia: le donne tra i 20 e i 64 anni, al quarto trimestre del 2022, hanno un tasso di occupazione pari al 55%, mentre la media UE è del 69,3%. In Italia le donne svolgono ogni giorno 5 ore di lavoro non retribuito di assistenza e cura.

È tempo di parlare di politiche di condivisione più che di conciliazione, di ripartizione del lavoro di cura con i partner, poiché finché conciliare vita lavorativa con vita familiare rimarrà un problema femminile equità e parità resteranno obiettivi lontani.

Come se non bastasse dobbiamo assistere alla retorica della destra e sentire dichiarazioni come “una donna che mette al mondo almeno due figli ha già offerto un importante contributo alla società”. Ma questa società patria e famiglia in quali politiche si traduce? Un esempio per tutti gli asili nido: nella rimodulazione del PNRR del Governo Meloni gli obiettivi che riguardano i posti negli asili nido sono stati fortemente ridotti, passando da 264.000 a 150.000 posti.

Il numero di posti negli asili è uno dei cosiddetti Livelli minimi da garantire (LEP) e se l’obiettivo era dare posti al 33% dei bambini/e entro il 2027 e del 45% nel 2030 quello che resta dopo l’intervento del Governo è pura propaganda. Insieme al problema dei posti resta quello dei costi di gestione e risorse da elargire ai comuni, servirebbero infatti nuovi posti di lavoro ed educatori/trici per quasi 2 miliardi di € in più all’anno.

Ma forse non è un caso che in Italia ci sia bassa occupazione femminile e bassa natalità. Dobbiamo mettere in relazione le due questioni. Le donne che lavorano non fanno figli, quelle che li fanno smettono di lavorare, ma questo espone quelle famiglie a rischio impoverimento, diventando monoreddito. A questo aggiungiamo anche che la responsabilità della cura dei figli e di parenti anziani o invalidi ricade quasi sempre sulle spalle delle donne.

Per influire in questo contesto bisogna investire economicamente con un piano a lungo termine, pertanto la soluzione non può essere data a colpi di bonus di 12 mesi. Serve un piano di investimento sulle donne che riguarda asili nido, congedi paterni obbligatori e non cedibili, assistenza agli anziani, tutte quelle infrastrutture sociali che contribuiscono allo sviluppo e a ridurre il gender gap.

Ho alzato la voce, non in modo da poter urlare, ma in modo da poter far sentire quelli senza voce... Non possiamo avere successo quando metà di noi rimane indietro.
Malala Yousafzai


I consultori e la Legge 194

È stato ricordato più volte che le Marche sono state il laboratorio politico della destra nazionale. Lo abbiamo visto fin dall’inizio della giunta Acquaroli: una sola donna in Giunta, dichiarazioni del capogruppo di FdI come “il padre deve dare le regole, la madre accudire” oppure che sostenendo l'interruzione di gravidanza si diventa complici di una sostituzione etnica…

Nel frattempo nel 2021 è stata depositata la proposta di legge regionale in materia di consultori familiari, un’anticipazione rispetto a quanto sta cercando di fare il governo nazionale con gli attacchi alla Legge 194. Non abbiamo però visto reintegrare il personale andato in pensione nei consultori pubblici o investire in attrezzature e servizi, rivalorizzare il ruolo fondamentale che queste strutture hanno rivestito nel territorio. La protesta, nata dal basso, per difendere il consultorio di Senigallia, dalla progressiva emorragia di personale e mezzi è assurta ad esempio nelle cronache nazionali.

La lotta per i consultori è una lotta femminista, incentrata sulla questione del corpo e della salute. I consultori sono un servizio pubblico di prossimità, uno spazio di prevenzione ed educazione, un presidio sociale che promuove l'integrazione ed è gratuito. Le battaglie degli anni '70 per il diritto all'aborto, l'autodeterminazione e la gestione del proprio corpo sono state fondamentali per ottenere i diritti e i servizi di cui tutte beneficiamo, ma che oggi sono costantemente messi in discussione e minacciati. Dobbiamo riappropriarci di quelle battaglie ed essere un presidio per il diritto all’autodeterminazione, trovando nuove forme di resistenza. Dobbiamo poter elaborare proposte per ridisegnare un modello di welfare, di sviluppo, di società che sia realmente femminista e che possiamo definire sostenibile. Il disegno politico della destra si sta delineando e a rimetterci è l’emancipazione delle donne e i diritti delle minoranze.

Di fronte a questa deriva, in cui a cambiare potrebbe essere il concetto stesso di democrazia, più vicino alla democratura ungherese, dobbiamo essere unite. Dobbiamo riscoprire i nostri saperi, metterli a disposizione di tutte/i, rielaborare proposte, organizzare mobilitazioni e fare rete. È una chiamata all’azione che non possiamo più rimandare, in gioco c’è la nostra autonomia, anni di lotte di emancipazione che non possiamo sprecare.

Giustizia significa assicurarsi che essere educate non significhi essere silenziose. In effetti, molto spesso, la cosa più giusta che puoi fare è scuotere il tavolo.
Alexandria Ocasio-Cortez


La forza delle donne

Come possiamo incidere nella politica e avviare un percorso che sia efficace e realmente partecipativo? A livello di Conferenza nazionale, si è deciso di avviare un percorso formativo basato sui saperi e le competenze delle numerose iscritte. Anche a livello di segreteria regionale è stato intrapreso un percorso formativo rivolto a iscritti/e, con tavoli di lavoro tematici. Come Conferenza delle donne Marche dobbiamo sfruttare questa opportunità per elaborare proposte efficaci e comunicarle in modo convincente, assicurandoci che le nostre idee e il nostro punto di vista siano presenti e ben rappresentati. Allo stesso tempo è importante che venga formata una classe dirigente di donne preparate e consapevoli, in grado di esercitare una leadership autorevole e inclusiva.

Il prezioso lavoro delle nostre amministratrici deve essere condiviso, valorizzato e promosso. Dobbiamo fare in modo che la nostra voce sia amplificata, evitando di appiattirci sulle logiche del momento, e diventare invece il motore del rinnovamento nell’agire politico. Cerchiamo nuove strade per il cambiamento che desideriamo, con il coraggio e l'orgoglio che ereditiamo dalle numerose battaglie vinte dal femminismo, battaglie che hanno cambiato la storia e la società.

Dobbiamo ampliare la nostra prospettiva, liberandoci dall'urgenza imposta dalle scadenze elettorali e intraprendendo un percorso a lungo termine che rifletta la nostra visione del futuro e la determinazione nel raggiungere i tanto attesi traguardi di uguaglianza e parità.

Non c'è limite a ciò che noi donne possiamo realizzare.
Michelle Obama


Un ruolo fondamentale

Come spazio autonomo, la Conferenza avrà una sua elaborazione politica e una propria sintesi, assumendo così posizioni indipendenti. Queste rappresentano un'opportunità di arricchimento e rinnovamento per il Partito Democratico, a patto che si abbia il coraggio di accettare la sfida. Senza nascondere i numerosi problemi che hanno caratterizzato il più grande partito del centro-sinistra, incluso il maschilismo latente che affligge la nostra politica, siamo in un periodo di svolta. La leadership femminile e femminista di Elly Schlein non è un punto di arrivo, ma un punto di partenza. Non si tratta di fare un Partito nel Partito, ma di dare una spinta al rinnovamento, grazie alle istanze del più grande movimento culturale e sociale dell’ultimo secolo: il femminismo.

A noi ora spetta il compito di accompagnare questo cambiamento, che deve portare a un rinnovamento della società, perseguendo quegli ideali di giustizia ed equità che ci caratterizzano.

Non ci può essere libertà senza la libertà delle donne
Tina Anselmi

PD Marche
P.zza Stamira n. 5 Ancona 60122
Tel. (+39) 071 2073510

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